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Pesci e PFAs

Tra nuovi dati scientifici e sporadiche misure di restrizione della pesca, sta diventando sempre più evidente quanto le acque del maggiore fiume italiano, il Po, siano inquinate e di quanto possano esserlo anche i pesci che le popolano. La novità non è certamente che ci sia inquinamento, perché questo era evidente e del resto inevitabile visto il modello di sviluppo del territorio interessato. La sveglia sembra che però sia suonata più forte con la misurazione della presenza di alcune sostanze pericolose e in particolare di quelle perfluoroalchiliche, conosciute come Pfas. Se il Veneto già a inizio anno ha vietato fino al 30 giugno 2019 il consumo di pesce pescato in 30 comuni delle province di Vicenza, Verona e Padova, giunge notizia di nuovi allarmanti dati riguardanti le acque padane. Il riscontro di forti concentrazioni di inquinanti pericolosi per la salute avverrebbe verosimilmente in moltissimi casi analizzando le acque di molti dei nostri fiumi.
Certo tra i pescatori dilettanti non saranno molti quelli che osano mangiare pesci catturati in certe acque del fondovalle, ma sappiamo che c’è chi lo fa, la legge lo permette e anzi c’è la pesca commerciale che immette sul mercato in modo regolare e con i dovuti controlli sanitari pesci delle acque padane del piano.
I controlli sanitari ci sono sempre stati ma è improbabile che l’inquinamento a cui si deve il divieto del Veneto si sia verificato improvvisamente, per cui, evidentemente, prima di quest’anno, controlli sanitari e regolamenti di pesca non erano riusciti a intervenire per contrastare il rischio e c’è appunto da chiedersi in quanti altri casi non ci siano ancora riusciti.
Dal punto di vista dei pescatori, se gli inquinanti sono pericolosi per la salute e si accumulano nei pesci, sarebbe logico vietare il consumo delle catture, quindi tutta la pesca finalizzata al consumo.
Per le specie autoctone dovrebbe significare permettere solo la pesca catch and release mentre per gli alloctoni, in una logica di contenimento della loro diffusione, si potrebbe passare dal problema di dover smaltire un rifiuto speciale a doverne smaltire uno tossico. Per inciso, tutto il problema del bracconaggio assumerebbe altri contorni assommando alle varie fattispecie di illecito anche quella non tanto di mancato controllo sanitario di pesci che potrebbero anche essere idonei al consumo, quanto della commercializzazione di pesci che si è stabilito essere a priori vietati al commercio e al consumo per necessità di tutela della salute pubblica.

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