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La reintroduzione della trota mediterranea nella Valnerina

Tre interviste realizzate da Alvaro Masseini

Le nuove direttive europee in merito alla preservazione e alla reintroduzione delle specie autoctone in ogni ambito del vivente, recepite con decreti legislativi anche dal nostro paese, hanno prodotto una vera rivoluzione nel modo di fare cui siamo stati abituati fino ad oggi. Nel caso specifico delle acque e nella nicchia delle acque da salmonidi, da molti anni si è proceduto all’immissione massiccia di due specie di trote: quella che chiamavamo la fario europea di ceppo atlantico e la trota iridea, un pesce originario delle Montagne Rocciose (USA) che cresce velocemente, ha una voracità maggiore delle trote europee e normalmente non si riproduce nelle nostre acque. A seguito dell’aumento crescente della domanda di trote, dovuto sia alla pesca sportiva in tutti i suoi ambiti (dai no kill al garismo) e a quella per il mercato ittico, lungo l’asta di moltissimi fiumi sono nati centinaia di allevamenti intensivi per rispondere a queste richieste, contribuendo in tal modo a un ulteriore peggioramento della qualità delle acque. Oggi, alla luce delle nuove direttive, tutto questo mondo dovrebbe, nella migliore delle ipotesi, quantomeno ridursi di molto, perché nel fiume dovrebbero andarci solo trote di specie mediterranea, dopo, beninteso, essere state di nuovo individuate, mappate geneticamente, riprodotte ecc. Ciò ha come conseguenza immediata la fine dei classici ripopolamenti rituali e la seppur momentanea diminuzione drastica di pesci nei fiumi, perché i tempi per rintracciare i superstiti di trota nativa e creare un numero di riproduttori significativo per poter iniziare di nuovo le immissioni con la nuova specie non sono certo brevi. A questo proposito anche le abitudini dei pescatori, compresi quelli a mosca, dovranno cambiare: non più abbuffate di catture, ma lunghe passeggiate in fiumi e torrenti non avendo più la predazione come fine, bensì il volteggio elegante della lenza, l’osservazione naturalistica, una buona ossigenazione e la perdita di un po’ di sovrappeso... Se poi, alla fine, qualche trota (piccola per ora) salirà sulla nostra mosca sarà tutto di guadagnato. Saremo capaci di tutto questo? Il condizionale è d’obbligo, visto che il nostro è il paese delle deroghe, delle proroghe e via di seguito, ma intanto alcune Regioni hanno iniziato il progetto e non da ora. Una di queste è la Regione Umbria che, una fra le prime nel 2016, ha recepito il DPR e messo mano ai lavori. Il fiume da salmonidi più importante della Regione è il Nera, che ha anche un’altra particolarità: da molto tempo, seppur in modo intermittente, è gestito da un’associazione ambientalista: Lega Ambiente.
Per cercare di avere un quadro di come stanno procedendo i lavori, per avere le idee più chiare sullo stato dell’arte in Valnerina e capire quale potrebbe essere il futuro prossimo del mondo della pesca, in particolare a mosca, abbiamo intervistato (in presenza, nel novembre 2021) tre persone che da un punto di vista diverso conoscono bene e da molto tempo il fiume avendolo frequentato nella veste di pescatore a mosca e guida di pesca (Luca Castellani), di ittiologo responsabile per molti anni del Centro Ittiogenico regionale di Borgo Cerreto (Mauro Natali) e di ecologista e pescatore a mosca che rappresenta Lega Ambiente dentro il progetto di gestione del fiume che si pone  all’interno del programma più vasto di reintroduzione della trota mediterranea (Marco Pippi). I tre testi (visionati, corretti e autorizzati dagli intervistati) sono visibili on line sul nostro sito e su quello di Pipam, affinché i pescatori possano farsi un’opinione propria ed essere informati e partecipi di ciò che potranno aspettarsi nelle prossime stagioni. (Alvaro Masseini)

leggi l'intervista a Luca Castellani

leggi l'intervista a Mauro Natali

leggi l'intervista a Marco Pippi

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