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Giornata Mondiale della Migrazione dei Pesci

La Giornata Mondiale della Migrazione dei Pesci WFMD www.worldfishmigrationday.com, svoltasi lo scorso il 21 aprile, ha evidenziato la persistenza in Italia di un grave problema, testimoniato dal fatto che le grandi associazioni ambientaliste e dei pescatori, insieme agli enti territoriali competenti, hanno ignorato l’evento. Sono stati infatti solo due gli eventi italiani di questa edizione ed entrambi hanno riguardato due contesti già oggetto di iniziative virtuose sul Po e sul Magra-Vara. Nonostante tutte le istituzioni abbiano prescrizioni normative per risolvere il problema degli sbarramenti dei fiumi che impediscono lo spostamento della fauna ittica, queste  continuano a non essere realmente applicate e l’evento globale che le chiama direttamente in causa è passato quasi dovunque nel completo silenzio. Nelle scorse edizioni del WFMD sono emersi in Italia altri esempi virtuosi di intervento o comunque di coinvolgimento dei portatori di interessi, ma ad oggi restano numerosissimi i casi nei quali i problemi restano aperti ed ignorati. Un esempio evidente di rimozione di una delle maggiori emergenze faunistiche a livello nazionale riguarda la Regione Toscana, dove cinque fiumi (Albegna, Ombrone, Cecina, Arno e Serchio) sono altrettanti casi emblematici dei diversi motivi per i quali tutti sono d’accordo sulla necessità e urgenza di intervenire ma nessuno dei problemi è definitivamente risolto, anzi la maggior parte sono completamente insabbiati. Se nel resto del mondo si iniziano a demolire gli sbarramenti, da noi si continua a costruirne di nuovi e si rimanda indefinitamente anche la realizzazione di passaggi per pesci che sono una misura di emergenza minima dove debba essere rimandata la rimozione degli ostacoli alla continuità biologica dei bacini idrici. In Toscana, come nelle altre regioni italiane, negli scorsi decenni sono stati spesi fiumi di denaro in ripopolamenti di salmonidi (peraltro non autoctoni), mentre sarebbe bastata una minima parte di queste risorse per tutelare le popolazioni ittiche autoctone minacciate dagli sbarramenti. Una gestione che in alcuni casi, e tra questi alcuni di quelli dei fiumi toscani citati, ha finito per sostituire la biomassa mancante per interruzione della risalita delle specie eurialine (che risalgono dal mare) con quella delle specie alloctone invasive immesse a fini di pesca, che sono spesso diventate dominanti minacciando gravemente le specie autoctone. Un risultato disastroso che dovrebbe essere riconosciuto e usato per operare rapidamente un rinnovamento di impostazione a partire proprio dalla priorità della restituzione della continuità biologica ai nostri fiumi.

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