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Comunicazione obbligatoria per la pesca ricreativa in mare

Con l’inizio del nuovo anno è scaduta la validità della Comunicazione obbligatoria per la pesca ricreativa in mare senza che i pescatori abbiano ricevuto nessuna comunicazione dal Ministero, che ancora una volta non si è preoccupato di evitare un vuoto normativo. Un vuoto molto più teorico che pratico, mancando sia i controlli che l’utilizzo scientifico della Comunicazione ma che conferma e testimonia, se non altro, una disfunzione. Si può giustificare la disfunzione quando questa si verifica per cause contingenti, ma nel nostro caso è diventata il metodo standard di lavoro, lo specchio del rapporto con le istituzioni imposto al milione di pescatori ricreativi in mare dagli uffici competenti. Lo scorso anno è arrivata una proroga di validità dopo alcuni mesi dall’inizio dell’anno (goo.gl/ml7fCF) e c’è stato modo di sospettare un rapporto con i ripetuti tentativi di istituire un regime oneroso imponendo una licenza di pesca a pagamento. Quando nell’ormai lontano 2011 il Ministero varò la Comunicazione obbligatoria (goo.gl/xTQub5), era dichiarato che si trattava, in soldoni, di una licenza a fini scientifici ovvero del primo elemento di un programma nazionale di ricerca sulla pesca ricreativa in mare, ma tutta la pianificazione in questo senso è restata e ancora resta lettera morta.
Ciò che acquista progressivamente evidenza è solo l’aumento della distanza tra l’ostruzionismo nazionale alla ricerca sulla pesca ricreativa e gli input provenienti dalla scienza, ripresi dalla UE e dagli altri organismi di coordinamento internazionale, come la GFCM, che insistono sulle necessità di una ricerca analitica sulla pesca non commerciale. La normativa in vigore per la pesca ricreativa è basata esclusivamente su scelte empiriche finalizzate a limitarla attraverso misure tecniche che non hanno nessun supporto in dati scientifici e servono principalmente a garantire la posizione di prelazione su tutte le risorse da parte della pesca commerciale. Se le stesse associazioni della pesca commerciale chiedono costantemente il monitoraggio dell’impatto della pesca ricreativa, questo sembra restare comunque in sott’ordine alla necessità di negare la possibilità di valutare l’economia del settore nel suo rapporto con la gestione degli stock ittici. L’evoluzione di questo contesto è legata al moltiplicarsi delle richieste di intervento che si ritrovano nei documenti recenti del MEDAC, nel lavoro specialistico della ICES e che sono ribadite nel recente annuncio di approvazione in sede di UE di un dossier sulla raccolta dati della pesca. L’impressione è che il Ministero si limiti a far evolvere gli eventi, evitando di dare seguito agli impegni presi, e che riproporrà la proroga della Comunicazione obbligatoria per fare da ponte con qualcosa di diverso suggerito dall’esterno. La speranza è che prevalgano gli impegni europei, visto che la politica nazionale ha saputo solo provare il trucco della licenza a pagamento senza finalità scientifiche (destinando peraltro i soldi alla pesca commerciale), contraddicendo completamente quanto era stato deciso e di cui eravamo stati convinti dalla propaganda istituzionale.
Per quanto il tema possa impallidire di fronte alle tante emergenze nazionali, occorre sottolineare come un bacino di utenza complessivo (mare e acque interne), stimato intorno ai due milioni di cittadini, continui a restare senza referenti politici. Le sedi romane come quelle periferiche si mostrano ad oggi allineate al politicamente scorretto di una posizione ideologica facile da sostenere ma priva di qualsiasi riscontro tecnico e arroccata sulla difesa dalla possibilità che siano davvero disponibili dati scientifici sulla pesca ricreativa che ne comprendano tutti gli aspetti, economico, ambientale e sociale, nel loro manifestarsi su scala sia locale che nazionale. Per quanto riguarda la Comunicazione, l’unica soluzione corretta resta quella del finanziamento della ricerca con gli strumenti destinati al comparto pesca di cui il settore ricreativo è parte integrante; l’appello al Ministro e a tutti i funzionari responsabili resta quello di farla finita con le proroghe strumentali e di attivarsi per la ricerca sul settore ricreativo.

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