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Lo stato delle acque italiane

La situazione delle nostre acque interne è allarmante: solo il 43% dei 7494 fiumi considerati è in un ‘buono stato ecologico’, come richiesto dalla Direttiva Quadro Acque (2000/60/CE), mentre il 41% è ben al di sotto dell’obiettivo di qualità e un 16% non è stato nemmeno classificato. Ancora più grave la situazione dei 347 laghi, di cui solo il 20% è ‘in regola’ con la normativa europea. La fauna ittica ne è un indicatore: su oltre 80 specie di pesci, il 52% non appartiene alla fauna autoctona e nel restante 48% molti pesci sono estinti o sull’orlo dell’estinzione, come lo storione (Acipenser sturio), lo storione cobice (Acipenser naccarii) o la lampreda di fiume (Lampetra fluviatilis). Non va meglio per le acque sotterranee, dove solo il 57% dello stato chimico degli 869 corpi idrici considerati è buono e una gran parte non è nemmeno classificata. Stiamo pagando il ritardo nell’applicazione di una tra le direttive più importanti per la protezione dell’ambiente anche con procedure di infrazione avviate o giunte al termine, come la condanna per gli oltre 70 centri urbani sprovvisti di reti fognarie o di sistemi di trattamento delle acque di scarico in rappresentanza di 18 regioni o le procedure istruttorie EU Pilot che incombono sull’Italia in materia di acque, riguardanti la inadeguata applicazione della Direttiva Quadro Acque (2000/60/CE), una concernente le derivazioni a scopo idroelettrico (EU PILOT 6011/14/ENVI) e una più generale (EU PILOT 7304115/ENVI) per la mancata attuazione della direttiva. Basterebbe riqualificare i nostri fiumi e laghi con una diffusa attività di rinaturazione, grazie all’obbligo imposto alle Regioni (Legge 133/2014) di impiegare il 20% di finanziamenti della difesa del suolo per interventi integrati per il miglioramento dello stato ecologico dei corsi d’acqua e la tutela degli ecosistemi e della biodiversità e promuovendo ‘infrastrutture verdi’, come previsto dalla risoluzione della Commissione europea (2013/249).

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